Sembrava una brava persona, pagava sempre l’affitto, sono solo alcune delle frasi che avreste detto se il vostro coinquilino eroinomane fosse morto con una valigia piena di contanti di dubbia provenienza. Vi sareste tenuti il gruzzolo? Bene, ho fatto un sondaggio prendendo un campione molto numeroso ed eterogeneo: quattro persone. Il 25% ha risposto non prendo i soldi e chiamo la polizia, il restante o non ha risposto, o mi ha chiesto chi fossi e ha chiamato comunque le forze dell’ordine denunciandomi. Inutile dirvi che scelta abbiano preso i protagonisti di Piccoli omicidi tra amici (no, non mi hanno denunciato).
Quando si tratta di soldi non c’è amico o coinquilino che tenga, succede sempre un finimondo. Una valigia è l’espediente perfetto per far uscire chi siamo davvero. E non si tratta dei due spicci che devi al tuo amico dal 2002 quando ti dovevi comprare la droga in seconda media, qui sono parecchi. Ma non crediate che sia una lotta a chi si prende il malloppo. La faccenda è molto più profonda, intima, perché Piccoli omicidi tra amici svuota i protagonisti esaurendoli, facendogli scavare la propria tomba con le loro stesse mani.
Film grottesco, sempre più cupo, dove a tratti senti tutto il Danny Boyle che sarà (la scena del sogno è roba da maestri), ma è ancora grezzo, anche se non per questo meno appassionante. Come in un racconto di Agatha Christie, tutti hanno qualcosa da nascondere, ma non solo come il coinquilino con la sua dipendenza, bensì nell’animo, mettendo in scena una grande festa del peggio che ci portiamo dentro, in un crescendo che si manifesta in tutta la sua grandezza con un bel botto finale. Volete vedere un film senza i soliti noiosissimi buonismi? Che dire, siete nel posto giusto.
Pillola finale: il titolo originale è Shallow Grave, molto più calzante.