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But I’m a Cheerleader (Gonne al bivio, 1999)

But I'm A Cheerleader - 1999

OITNB ma in un centro di conversione LGBTQ anziché in prigione.

Sei una cheerleader made in USA, bionda, atletica, frequenti il quarterback del tuo liceo e non hai un problema al mondo. C’è un problema: sei la protagonista di un film che si chiama But I’m a cheerleader e i tuoi preoccupati genitori e le tue più care amiche pensano che tu sia lesbica.  I segnali ci sono tutti: in cameretta hai soltanto poster di donne e, voglio dire, manco Luke Perry o i Backstreet Boys hai messo (fatti un po’ furba, sei pur sempre in una commedia anni ‘90), e stai per diventare vegana o, come dicono in inglese, stai per “andare vegana”. Sai quanto è breve il passo da qui ad andare con una vegana? Ammettilo, poi: non ti piace baciare il tuo ragazzo. E no cara, il fatto che per lui pomiciare voglia dire letteralmente leccarti la faccia o infilarti la lingua in gola per tutta la sua lunghezza non c’entra nulla!

Ma non ti preoccupare: puoi ancora avere una vita normale. Devi soltanto curarti. C’è un centro di conversione LGBT a qualche ora di auto da qui. Si chiama True Directions, se sai leggere fra le righe. No, non te lo stanno chiedendo, ti hanno già portata via. Lì, insieme ad altre ragazze come te, ti insegnano cosa significa essere una donna, e insegnano a ragazzi con un problema uguale al tuo però invertito cosa significa essere uomini. A loro vestiti rigorosamente blu elettrico e lavoro d’accetta e sigari, a voi rosa shocking e lavori domestici così anche delle lesbiche come voi possano capire come essere bravi mogliettine. Ti sembra tragico? Tranquilla, sei ancora in una commedia romantica di fine anni ‘90! Lì niente andrà secondo i loro piani, semmai scoprirai che alla fine le donne ti piacciono eccome e che ti sta bene così e sta bene anche alla tipa di cui ti sei innamorata, anche lei ospite del centro di conversione LGBT.

But I’m a Cheerleader, tradotto in Italia con l’aberrante “Gonne al bivio”, racconta con leggerezza della terapia di conversione per lesbiche e gay, una realtà ancora oggi negli USA e, probabilmente, in tutti quei Paesi in cui non è ancora bandita (sì, tipo l’Italia).

La regista Jamie Babbit volle raccontare una storia sul lesbianismo da un punto di vista più “femminino” (quello di una cheerleader) per differenziarsi da altri film come The Watermelon Woman o Go Fish che avevano narrato l’esperienza butch.

La protagonista di But I’m a Cheerleader è una giovane Natasha Lyonne, futura star di Orange Is The New Black e Russian Doll, mentre il suo love interest è Clea DuVall che ora mi sto rendendo conto ha il cognome più fico del mondo. Assistente non troppo convinto del centro di conversione è la drag RuPaul. Quando uscì alcuni si lamentarono della rappresentazione stereotipata degli ospiti maschi, ma è palesemente per rafforzare il messaggio che chiunque può essere lesbica, persino una cheerleader!

Durata:

  • 1h 30min.

Regia:

Sceneggiatura:

Colonna sonora:

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Informazioni sull'Autore

Charlize Terùn

Emersa come dea ermafrodita dall'oro liquido sospirando "J'Adore", ha deciso che le piacque e piace tutto, compresa e in primo luogo la propria ambiguità. Quando la società imperialista le impedisce di vedere almeno 7 film a settimana diventa FURIOSA.

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