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Recensioni

Moon (2009)

Fantozzi sulla Luna.

Se lo dicessi a lui magari si incazzerebbe ed avrebbe pure ragione, ma la prima ragione per vedere Moon è che è il primo film del figlio di David Bowie. Almeno quando uscì, fu così: non il primo film di Duncan Jones, ma letteralmente il film del figlio di Bowie. E visto quello che ha saputo creare papino quando parlava di spazio, le aspettative erano altine. E, deo gratias, non solo Duncan le ha mantenute, si è anche staccato da quell’immagine di figlio di.

Sulla Terra si è vissuta una crisi energetica ed ambientale notevole (suona familiare?) e la soluzione è stata trovata nell’Elio 3, un isotopo dell’elio presente in grandi quantità sulla superficie lunare. Una grande compagnia multinazionale chiamata Lunar Industries, che poteva benissimo chiamarsi “nota bevanda gassata” o “noto marchio d’abbigliamento baffuto” o “io telefono”, ha capito che andare ad estrarre ‘sto Elio 3 dalla luna avrebbe salvato il mondo e avrebbe fruttato uno sproposito di quattrini. Così si accatta il monopolio dell’estrazione e comincia a fare una barca di soldi spedendo ciclicamente per tre anni un impiegato a gestire la base lunare. Il nostro Fantozzi della situazione, sfruttato fino alla follia, è Sam Bell, che sta per tornare a casa nel giro di due settimane dopo aver quasi completato il proprio lavoro, ma…

So che ci sono là fuori molti come me che quando vedono Sam Rockwell da qualche parte gridano internamente “gimme more!“. Amici miei, questo è il film che fa per noi, insieme forse a Confessioni di una mente pericolosa. Un’ora e mezza di film retta solo da Sam Rockwell (e da Robo-Spacey) nello spazio? Oddio ma non sarà troppo? Decisamente no, perché Moon è un film di fantascienza in cui le idee hanno molta più importanza degli effetti speciali. Non ce ne voglia Interstellar, questa è una roba vecchio stampo, girata con due spicci, una roba indie.

Fly me out of the moon

Ora, non è che voglio ritornare sulla faccenda di David Bowie, ma mi viene spontaneo citare il ritornello di Starman: “There’s a starman waiting in the sky, he’d like to come and meet us, but he thinks he’d blow our minds“. Porca miseriaccia se non è un riassunto quasi perfetto per il film. Uno dei temi principali di Moon infatti è, non solo l’alienazione, metaforica e letterale, dell’impiegato nel capitalismo lunare, ma anche l’esistenza umana. Racchiusa proprio in quel desiderio di tornare a casa. Lontano da tutto e da tutti, Sam Rockwell/Bell comincia ad avere allucinazioni, si interroga sulla propria essenza. Che cosa ci rende umani? Che cosa mi rende me stesso? Le stesse domande che forse si è posto anche Duncan Jones, che è laureato in filosofia, per distanziarsi dalla figura del padre. Moon è la sua affermazione d’identità.

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