Prendete un’idea di Sergio Leone. Fatto?
Ora Aggiungete la colonna sonora di Ennio Morricone. Fatto?
Prendete Henry Fonda nei panni di Jack. Fatto?
Ora passate una bella mano di ambientazione western. Fatto?
Ora aggiungete…
La so, la so, C’era una volta il west!
E invece no! Non mi avete fatto finire! Ora aggiungete Terence Hill prima di farsi prete e senza la compagnia di Bud Spencer, e otterrete Il mio nome è Nessuno.
Ebbene anche stavolta Henry Fonda interpreta un personaggio di nome Jack, ma non è l’antagonista, bensì un vecchio pistolero in procinto di ritirarsi che incontra lungo il cammino lo scanzonato Nessuno (Terence Hill) che, come un insolito Virgilio dantesco, accompagnerà il restio protagonista nell’ultima battaglia.
Avete presente una di quelle storie d’amore finite male, magari per sms, che vi è rimasta un po’ sul gargarozzo perché avreste voluto dirle ancora qualcosa, ma fate tutto per evitare un chiarimento finché un amico scassapalle ve lo/a porta a cena per parlare? Ecco, Nessuno, vuole un’ultima volta anche per Jack Beauregard. È giusto che smetta, ma serve un gran finale, un bel botto per entrare nei libri di storia: scontrarsi da solo contro il mucchio selvaggio, “centocinquanta figli di puttana a cavallo che cavalcano come fossero mille”. E per quanti sforzi faccia il vecchio Jack per andarsene in pensione e liberarsi dell’irritante Nessuno, purtroppo “il destino lo si incontra proprio sulla strada presa per evitarlo”.
Il mio nome è nessuno è una ballata che diventa un omaggio al western crepuscolare, una favola sul west e su ciò che è stato, ma anche uno sguardo al futuro come nel finale di stagione di una serie, un western che sembra parlare di se stesso e della battaglia finale per consegnare i suoi miti definitivamente alla storia.
Pillola finale: Uno dei nomi sulle tombe è quello di Sam Peckinpah, regista di Il mucchio selvaggio.