Quanto ti piacevano i cartoni giapponesi! Pensa a Yattaman o Dragon Ball, sapevi chi erano i buoni e i cattivi, semplici, senza fronzoli. Quell’animazione che ti ha cresciuto, che non ti deludeva mai. Mi dispiace ma ho brutte notizie: sei vecchio. Basta cazzeggiare con i giocattoli di nascosto, tua madre ti odia, il mondo ti odia e la tua vita fa schifo. No, va bene, non piangere, nessuno ti odia, ma ti devo spronare. Che vuoi farci, adesso ti devi vedere qualcosa di più impegnato, strutturato e maturo perché sei cambiato e ho proprio quello che fa per te: Jin-Roh – Uomini e lupi. Un film d’animazione è vero, ma non uno di quelli che farei vedere a un bambino. Primo perché non ci capirebbe un granché, secondo perché è discretamente violento (niente di eccessivo, lo dico per i più suscettibili).
Siamo in Giappone ma in un universo parallelo. Dopo un periodo di tumulti post bellici, il paese è in procinto di smantellare quelle forze dell’ordine pubblico violente e repressive, nate per combattere le frange più estremiste dell’opposizione. Seguiamo le vicende di un soldato emotivamente scombussolato tra burocrati, terroristi e soprattutto menzogne. L’inganno è l’ingranaggio della struttura intellettuale di Jin-Roh: un film struggente, una storia d’amore, una tragedia, il tutto che si maschera da film politico e viceversa, come il lupo travestito da nonna, come i suoi personaggi-lupi travestiti da uomini.
Perché ho detto “il lupo travestito da nonna”? Perché Jin-Roh è una rivisitazione di Cappuccetto Rosso nella sua versione senza il buon cacciatore. È una favola crudele che spiazza lasciando un vuoto e noi, come Cappuccetto, ingenui guardiamo superficialmente e, senza neanche accorgercene, sprofondiamo. Una storia dolcissima che convive con la ferocia più cupa, dove veniamo riportati alla realtà con una bastonata data con incredibile eleganza.
Vi lascio la canzone finale, so per certo che avrete voglia di risentirla dopo averlo visto.