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Buona la seconda: l’originale Netflix “Pieces of a woman” è da Oscar

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«Posso chiederle perché voleva partorire in casa?» «Volevo che fosse la bambina a decidere quando nascere»

Ci aveva già provato l’anno scorso Netflix: sperava nell’Oscar per Il Miglior Film con la Storia di un matrimonio. Ma ad ottenerne uno fu solo Laura Dern (come Migliore Attrice Non Protagonista) e Parasite sbancò tutto. Un sogno infranto in mille pezzi. Ma dai mille pezzi Netflix è risorto e nello specifico con Pieces of a woman.

Nulla a che vedere con la storia iper-drammatica, languida e patetica del matrimonio tra Adam Driver e Scarlett Johansson (tra l’altro, brutta copia del matrimonio tra Michelle Pfeiffer e Bruce Willis in Storia di noi due). Questo secondo tentativo di Netflix alla candidatura Oscar è un capolavoro.

Potrebbero dirvi che Pieces of a woman è la storia di una coppia che perde una bambina appena nata e che prova a rimettere insieme i pezzi di quel dolore. Tutt’altro. A parte le prime, laudatissime, scene del parto, realisticamente faticose e strazianti, il film si distingue per aver assunto pienamente il punto di vista della protagonista Martha Weiss – l’attrice Vanessa Kirby che ha già vinto la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile al Festival del cinema di Venezia.

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Era una vita che cercavo un nuovo film interessato più alla storia che a tutto il resto. Eccolo: Pieces of a woman è un climax di questioni a cui la protagonista è tenuta a rispondere. La più importante e generale: quale rilevanza hanno le aspettative delle persone che vorrebbero aiutarci o che ci sarebbero vicine quando perdiamo la bambina che abbiamo appena partorito? In realtà, in ciò il film è geniale: ognuna delle persone che non sono la protagonista è, a modo proprio, antagonista. Il compagno (Shia LaBeouf) vorrebbe una degna sepoltura alla figlia, la madre (Ellen Burstyn) vorrebbe giustizia, la sorella vorrebbe vederla serena e la cugina…è certa di poter aiutare la famiglia: nessuna di queste intenzioni ha a che fare con il desiderio di Martha.

In questo modo il punto di vista della donna riesce a far emergere la violenza celata nelle relazioni sociali. Il sociologo René Girard l’avrebbe forse espressa così: la società che si stringe intorno alla protagonista sente l’esigenza di sfogare l’orrore della morte della bambina individuando un capro espiatorio, un sacrificio umano. Nella storia di Martha, il caso è fornito dall’ostetrica che l’ha assistita nel parto in casa.

In un film con protagonista un uomo la storia sarebbe stata semplice: il protagonista riuscirà a sconfessare la teoria del sacrificio di Girard? Ma per una donna, come sappiamo, il lavoro è sempre doppio: prima di potersi porre una domanda esistenziale e personale, Martha Weiss/Vanessa Kirby deve spendere metà del suo tempo a difendere sé stessa e a sopravvivere.

Non vorrei aggiungere altro che possa asciugare la ricchezza degli elementi sensibili del film, ma credo sia necessario fare qualche appunto. Punto uno. Non è vero – come spesso si è detto – che le prime scene del parto sono scoraggianti per le donne che pensano di fare l’esperienza del parto e della gravidanza. A quello ci pensano le storie delle amiche, se quelle delle nonne e delle madri ci sembrano troppo romanticizzate. Il realismo di quelle prime scene, piuttosto, ci aiuta dall’inizio ad entrare in una profonda empatia con la protagonista. Punto due. L’eleganza del film non dipende solo dal fatto che metà della produzione sia canadese: l’intera storia è costruita sull’attrice inglese già nota per aver interpretato niente meno che la sorella della regina Elisabetta da giovane in The crown. Punto tre, un piccolo easter egg: la maternità in questa storia rimane centrale fino alla fine.

Dipendesse da me, non solo darei a Pieces of a woman l’Oscar al miglior film, ma me ne inventerei uno ad hoc: l’Oscar al film che riesce meglio a mostrare il Punto di Vista di una Donna. Sarà un caso che sia stata l’attrice, scrittrice ed ex moglie del regista Kata Weber ad aver scritto la sceneggiatura, ispirandosi ad un’esperienza personale?

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Mia Ansia-Love

Quando pensi che il romanticismo non faccia per te e poi t'innamori dei film francesi, quando ti senti un'immigrata perenne e poi ti dicono "radical chic", quando studi il pensiero degli uomini per poi accorgerti che le donne sanno già tutto da sempre nasce Mia Ansia-Love: una persona che dirige l'ansia per poterla amare.

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