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Humandroid (2015)

C’è un robot con le catene e la camminata gangsta.

Humandroid non è un gran film. Bam, così, subito, d’emblée. Non vi voglio attaccare un pippotto lunghissimo per convincervi che sia il più grande film di fantascienza di tutti i tempi. Lo so io, lo sapete (o saprete) voi e lo sa benissimo pure Neill Blomkamp.

Come sono lontani i tempi in cui con un film come District 9 provava a sterzare la fantascienza moderna verso più alte vette. Cos’è successo lungo la via? Lo so, è successo Elysium, ecco cos’è successo. Ma se il secondo lungometraggio del regista sudafricano è stato schiacciato dal peso di Hollywood, Humandroid almeno lo ha riportato a casa, per certi versi. Non solo perché il film è ambientato a Johannesburg, come District 9, ma anche perché in una certa misura qui torna a porsi delle domande, interrogandosi sulla società e sull’intelligenza artificiale. Rimane però sospeso tra i fasti del primo e il disastro del secondo film.

In breve: a Johannesburg sono stati attivati degli androidi per aiutare la polizia a combattere la criminalità dilagante. La compagnia che li ha forniti continua a lavorare su vari prototipi, mentre uno dei suoi impiegati crea un’intelligenza artificiale, inserendola in uno dei robot semidistrutti, che finisce nelle grinfie di gangster da strapazzo: letteralmente i Die Antwoord. Che poi come diavolo ti viene in mente di prendere i Die Antwoord che interpretano i Die Antwoord che fanno i gangster in un film che non è sui Die Antwoord? A me piace la loro musica, ma se li metti in un film di fantascienza solo per fare più colore sembrano solo un gangster goffo e un pikachu gagliardo. Insomma pure l’aprire una finestra su queste figure della subcultura zef sembra fatta un po’ a caso. C’è l’intento di mostrare, ma non la forza di analizzare. In fondo forse però questa è proprio la cosa più zef da fare.

Ma allora perché vi sto consigliando di vederlo e perché non pesa mai troppo come film? Cos’è che lo tiene insieme? Semplicissimo: Chappie. Chappie è l’androide co-protagonista del film e interpretato interamente in motion capture da Sharlto Copley, oltre che essere il titolo originale di Humandroid. Il che significa che letteralmente è lui l’oggetto di tutte le nostre attenzioni. E cavolo se non è così, il lavoro fatto dal team di effetti speciali è strepitoso e Chappie sembra sempre fisicamente presente sul set. E noi siamo rapiti dai primi passi di questo bambinone super intelligente di latta, un ex Robocop diventato WALL•E. Come una spugna assorbe le diverse culture attorno a lui: un po’ Die Antwoord, un po’ ingegnere artista. In fondo è questo che ci vuole dire Chappie: fondere le culture si può, anche se è difficile e non sempre ci si riesce perfettamente. Ma al di là dei messaggi più o meno profondi: regà, è un robot che cammina da coatto e fa le rapine coi polli di gomma giocattolo. E allora dai Neill, ti perdono sta roba un po’ confusa e la prendo come un segnale di ripresa e di ritorno verso l’alto.

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