Se non avete mai cercato di distrarre qualcuno con un piatto di Jambalaya o esclamando “Ammaccabanane!” e non avete mai assaggiato del burro di bellezza al mango mentre fate un bagno in vasca ascoltando a tutto volume Africa dei Toto, allora forse dovreste smettere di leggere.
O forse no.
Perché La mia vita a Garden State è il debutto da regista di Zach Braff, ovvero J.D. di Scrubs. Se avete amato quell’inguaribile specializzando sognatore e tutta la combriccola del Sacro Cuore, non c’è bisogno di convincervi a vedere questo film.
Ma vi devo avvisare: non è Scrubs.
Ecco perché, se non avete visto la serie più verosimile riguardante la vita ospedaliera o non l’avete apprezzata (peste vi colga), potete tranquillamente godervi La mia vita a Garden State. Godervi certo è una parola grossa, perché Braff ci va giù pesante e vi tira dei gran pugni allo stomaco con una sensibilità che forse non vi aspettavate e una delle più belle colonne sonore mai messe insieme per un film.
Andrew Largeman è un giovane che ha lasciato il New Jersey, il Garden State del titolo, per tentare la carriera da attore a Los Angeles. Ostaggio degli psicofarmaci da quando aveva nove anni, è diventato ormai quasi indifferente alla vita che gli scorre davanti, finché non è costretto ad affrontare il suo passato, tornando a casa dopo nove anni per la morte della madre paraplegica.
Come spesso capita, l’unico modo per andare avanti è guardarsi indietro. Così Andrew conosce Sam, una Natalie Portman tanto problematica quanto irresistibilmente adorabile.
– “Ci sono molte cose da bambino normale che io non ho mai fatto”
– “Ci sono molte cose da bambina normale che vorrei non aver mai fatto”
Non importa da quale trauma cerchiamo di scappare, che infanzia abbiamo avuto o quanto difficile possa sembrare la vita di tutti i giorni, specialmente in quel periodo che va dai 25 ai 30 anni. Se c’è qualcosa o qualcuno che ti fa stare bene, prova a raggiungerlo. Se lo ottieni, prova a tenerlo. Se scappa, prova a inseguirlo. Solo: cerca di evitare un’ordinanza restrittiva.