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Grand Prix (1966)

grand prix

VROOOM VROOOOOM GNEEEOOOO GNEOOOOOO GNEOOOOO

Presto o tardi nel corso di questo articolo lo dirò comunque, quindi mi levo subito il pensiero, così non ci pensiamo più: Grand Prix è il miglior film della storia sulla Formula 1. Bene, ora possiamo procedere.

Tanto tempo fa, quando ancora Sebastian Vettel non era stato concepito e quindi non poteva far bestemmiare milioni di tifosi della Ferrari sparsi per l’Italia e nel mondo, i piloti di Formula 1 erano dei pazzi scriteriati alimentati da un fortissimo desiderio di morte. Il motivo è semplice: si infilavano consapevolmente in bare circondate di benzina, in grado di sfrecciare a 300 chilometri orari. Erano seduti dentro una bomba.

Sia chiaro, la Formula 1 rimane ancora uno sport estremo, ma fortunatamente i progressi tecnologici hanno reso molto più sicure quelle bare, ultimo dei quali il benedetto halo, una mostruosità estetica odiata all’inizio dai tifosi, ma in grado di salvare la vita ai piloti come nel caso di Charles Leclerc a Spa nel 2018 (curiosamente lo stesso circuito su cui il giovane monegasco avrebbe conquistato il primo successo in Formula 1 l’anno successivo, e andiamo Carletto, ridacci la speranza e falla volare sta Ferrari!). Ciò non toglie che i piloti non siano comunque dei mattacchioni in cerca di adrenalina, ma almeno i rischi sono diminuiti se consideriamo che ora ci infilano anche youtuber e Tom Cruise (oddio Tom è pazzo, non fa molto testo) in quelle macchine e che fino al 1966 le morti di piloti durante i weekend di gara furono 17 in altrettanti anni.

Fin dai meravigliosi titoli di testa, Grand Prix si immerge completamente in quel pazzo pazzo mondo che è la Formula 1 e a voi non resta che salire a bordo, letteralmente. Sì, perché Frankenheimer è il primo a piazzare una telecamera su una vettura di Formula 1 e ora come allora questo fa sì che guardando Grand Prix si riesca a percepire veramente cosa significasse guidare quei bestioni. Anche perché tutto quello che vedete è vero (in alcuni casi è addirittura materiale filmato alle gare ufficiali), non c’è mica il computerino che fa il lavoro sporco. Insomma, l’adrenalina scorre a fiumi già dalla sequenza del gran premio di Monaco in apertura, ma ciò che completa ancora di più il racconto del mondo della Formula 1 è il contorno. Le feste, lo champagne, gli amori, i tradimenti e le paure di una vita vissuta col piede sull’acceleratore. Tutti i piloti sono rappresentati (è vero a volte in maniera un po’ stereotipata) come degli eroi western, molto simili per certi versi a quelli de Il mucchio selvaggio: cowboy che montano in sella al loro potentissimo cavallo in cerca di avventura, anche se stanchi e consapevoli dei rischi e del loro probabile destino. Per concludere con le parole del Jean Pierre Sarti interpretato da Yves Montand: “Se qualcuno di noi avesse immaginato veramente come sarebbe andarsi a schiantare contro un albero a 240 all’ora, probabilmente non saremmo mai saliti in macchina. Nessuno di noi. Così mi è sempre sembrato che fare qualcosa di veramente pericoloso richiede una certa assenza d’immaginazione”.

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