La prima volta che ho visto Angel Heart avevo dodici anni e dovendolo commentare l’ho rivisto. Risultato? Mi sono angosciato come allora.
Niente è come sembra in Angel Heart
Solita storia da thriller: un cinico investigatore privato, un cantante scomparso che nessuno si ricorderà e andiamo a vedere che è successo. Sembra un lavoro facile ma al primo cadavere lungo la strada la faccenda si fa più complessa e niente sembra più così semplice. Ma voi siete gli occhi dell’investigatore Harry Angel, sapete quello che sa lui, né più né meno, con la sensazione di non conoscere abbastanza come se qualcuno vi avesse omesso qualcosa di importante che rimetta in ordine le cose.
L’angoscia dell’uovo sodo
Avete presente il barista di Shining? Non dovrebbe essere lì e la cosa non vi piace affatto. Non avete l’angoscia del mostro che sbuca dal nulla, no è qualcosa di più superficiale, nell’aria che si respira e la cosa non vi torna. Immaginate quelle situazioni in cui vi guardate intorno e non vi piace quello che vedete anche se nulla dovrebbe portarvi a pensarlo (posso giurarvi che un uovo sodo svolge questa mansione perfettamente). Ve ne accorgete subito ma non è eclatante, ti deve trascinare all’inferno con calma accompagnandoti per mano e senza che tu te ne accorga: et voilà “ma che cazzo è successo!”.
Angel Heart è un thriller, un giallo e un horror sapientemente mescolati dove la ricerca di una persona diventa un viaggio interiore del protagonista (questa segnatevela), in un’ambientazione perfetta che si sposta da una più reale New York a una Louisiana con i suoi riti antichi e i suoi segreti. Stiamo parlando di un cult imprescindibile, uno di quelli di cui parli per fare il figo perché non tutti l’hanno visto. Non posso dirvi di più perché non vorrei rovinarvelo, ma rimarrete piacevolmente impressionati da questo film mozzafiato.