Per immergervi in A Quiet Place, immaginate un mondo in cui non si può far rumore. Diodato non sarebbe per niente contento. Nessuno suona il clacson quando scatta il verde al semaforo, le discoteche hanno chiuso, niente più scarpe col tacco, fidanzati che non si tirano più i piatti, il capo che non vi urla più in faccia, e ciliegina sulla torta potrete continuare a leggere CheCult! Che bello. Sfortunatamente c’è un lato negativo: purtroppo al più trascurabile sussurro si viene scannati da mostri alieni. Non è certo un mondo per chi russa (credo siano stati i primi a morire, ma hanno omesso questo interessantissimo filone narrativo). Ecco, questo è lo scenario di A Quiet Place: mostri ciechi con la stessa sensibilità uditiva di vostra madre quando rincasavate alle cinque del mattino a sedici anni, hanno invaso il mondo. Non dormono mai, hanno sempre fame e non sono schizzinosi sul pasto. Quindi l’unico modo per sopravvivere è continuare con la propria esistenza ma in religioso silenzio.
Che ne esce fuori? Un film quasi interamente muto, ma non scoraggiatevi, non sto parlando di un film di Rodolfo Valentino, di casino ce ne è eccome. A Quiet Place è un film crudo che non si spaventa di mostrare. In un contesto decisamente angosciante, riprende il genere post apocalittico da invasione aliena e lo rigenera in un’opera unica, originale, struggente. Il tutto ovattato, apparentemente calmo, ma pronto in un istante a cambiare al minimo rumore. Non si può piangere, non si può urlare ed è forse questa la cosa più impressionante. Il pianto e il grido: semplici, liberatori, che esprimono con chiarezza la vasta gamma delle emozioni umane, ci sono stati tolti in cambio della sopravvivenza.
Vi spaventate anche quando vi cade la penna dal tavolo? Tranquilli non è un horror da triplo salto carpiato dal divano per lo spavento né uno in cui sangue chiama sangue e a galloni, quindi non preoccupatevi e godetevi il silenzio…per quanto ce n’è.