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Saranno cult?

Mandy (2018)

NICOLAS CAGE. PUNTO.

Scusate la domanda un po’ diretta, ma che rapporto avete con le droghe? Lungi da me il voler incoraggiare l’uso di sostanze stupefacenti (signor poliziotto che sta leggendo non mi arresti), ma se vogliamo parlare di Mandy allora bisogna fare i conti pure con la drocaaaa!1!!1. Chiariamolo subito, questo è un film che spacca. Non tanto nel senso che è una ficata colossale, quanto perché divide. O lo ami e te lo godi o lo odi e ti spacca le palle.

Potete scegliere, manco foste in Trainspotting. O siete lo strafatto di acidi che si abbandona alle allucinazioni, oppure siete il “bravo ragazzo” o la “brava ragazza” che razionalmente vede lo strafatto combattere un cestino dell’immondizia per strada, credendo che sia o un mostro a tre teste o il Ministro dell’Interno che ha appena detto basta alla modica quantità e sì a Valsoia. Sì perché se volessimo razionalmente analizzare ogni singolo elemento, Mandy sarebbe un film di merda. Fotografia esagerata e a tratti fastidiosa, sceneggiatura e personaggi che più piatti, vuoti, inutili e noiosi non si potrebbe e un ritmo lentissimo, almeno nella prima parte, che cozza parecchio con la materia trattata e sembra la manifestazione di un complesso di inferiorità di un regista nei confronti dei suoi idoli. Salvando a priori esclusivamente la colonna sonora pazzesca, ahimé l’ultima prima della morte, di Jóhann Jóhannsson, pace all’anima sua. E allora perché vi sto dicendo che Mandy ha tutte le carte in regola per essere un futuro cult se fa così schifo? Perché questa è la visione che si para davanti al suddetto bravo ragazzo e l’ambientazione, i personaggi e tutto il resto non sono che quel secchio dell’immondizia, percepito lucidamente.

Il fatto è che questo è un film concepito più o meno come un trip di acidi e lo si capisce fin da subito: i titoli di testa su Starless dei King Crimson mi sembrano una bella dichiarazione d’intenti. Per chi volesse prendere Mandy a scatola chiusa, senza sapere nulla della storia, forse questo è il momento di smettere di leggere. Non farò degli spoiler, racconterò semplicemente la trama. Solo che è talmente semplice che in pratica vi sintetizzo il film. Non ve lo rovino comunque. Io vi ho avvisati.

Red e Mandy vivono isolati in mezzo ai boschi nel 1983. Lui è un boscaiolo, lei una illustratrice/cassiera. Quanto è entusiasmante questa premessa? Un giorno Jeremiah, leader di una setta di disadattati hippie, vede Mandy per strada e decide di averla. Così, con l’aiuto di motociclisti demoni che vivono nei boschi, imbocca a casa di Red e Mandy. Droga lei, lega lui, poi va avanti all’infinito con una tiritera senza fine sulla sua setta e la sua vocazione. Alla fine brucia lei e lascia vivo lui, che giustamente poi si incazza e succede un casino biblico.

Classica storia da revenge movie, niente di eccezionale. Ma allora cos’ha di speciale sto cazzo di film? Beh, ho due parole per voi: Nicolas Cage. Sì, sono riuscito a non nominarlo fino a qui, ma è lui il motore più potente di Mandy. Lui è il tossico di cui vi parlavo: dovete abbandonarvi completamente al Dio Cage e diventare Cage voi stessi, seduti in mutande sulla tazza del cesso a bere vodka, a piangere le vostre ferite mentali e fisiche. Questo film, e ovviamente Nicolas Cage per primo, è perfettamente consapevole del ruolo assunto dal meme Nicolas Cage negli ultimi anni grazie ad internet. Anzi si può tranquillamente affermare che il meme abbia dato all’attore una seconda carriera e un nuovo spunto artistico. Mandy è la prova più concreta di tutto ciò. Non possiamo veramente dire se quello che si forgia le asce da solo nel film o che fa duelli con le motoseghe sia un meme o un attore. Nicolas Cage travalica i confini della realtà e li mescola con quelli dell’illusione. Dobbiamo accettare tutto questo, perderci nel trip strafatti di acidi ad affrontare semidemoni, ascendere a nuovi livelli dimensionali con una sola consapevolezza: NOI SIAMO NICOLAS CAGE.

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Kult Russell

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