L’incontro dell’altro e la paura degli adulti; una madre impegnata e un padre assente; una storia d’amore fra bambini e il modello scolastico americano.
O ancora: product placement; quando è cresciuta Drew Barrymore (?); biciclette che volano.
Il fatto è che nulla di quello che vedi in E.T. l’extra-terrestre sembra un freddo calcolo cinematografico.
Perciò vi racconto la sua vera storia di E.T.:
c’è un bambino, Steven Spielberg, che non ha amici reali, forse perché non fa altro che star lì a sognare. I suoi sogni parlano di sé, sono nitidi e hanno i colori caldi delle riviste d’arredo anni ’80. Mentre lui sogna, però, persone reali fanno cose per lui: John Williams gli fa colonne sonore epiche e Carlo Rambaldi (siccome è italiano) gli costruisce un extra-terrestre come amico.
Steven, infatti, sogna di essere Elliott, un bambino delle elementari indifferente alle dinamiche da adulti. Ingenuo, ma consapevole. E audace, perché empatico. Steven-Elliott è più piccolo del fratello Michael e tutta la sua gang di biciclettisti esperti (tutti fichi, ma educati) e più grande della sorella Gertie (Drew Barrymore in her best performance ever).
Steven-Elliott conosce un alieno, cui dà il nome di E.T. (acronimo di Extra-Terrestre…: pare che Steven sogni se stesso privo di fantasia).
Elliott ed E.T. entrano subito in una profonda connessione: E.T. si ubriaca e Steven-Elliott rutta, E.T. guarda una scena romantica in bianco e nero alla tv e Steven-Elliott la replica con la più bella – unica bionda – della classe.
E la storia sarebbe puro romanticismo e buone intenzioni se gli adulti – per la maggior parte del film senza volto – non rompessero i cabbasisi con le loro congetture pro-life che sfociano in accanimento terapeutico.
Questo il dramma.
Ora, non saprei dirvi perché alla fine del film le mie lacrime scendessero a fiotti: sapevo come finiva la storia e capivo benissimo perché E.T. volesse tornare a casa.
Forse il fatto è che E.T. non è un outsider terrestre, magari E.T sta proprio per l’Empatico Terrestre che tutti vorremmo accanto, un vero e proprio amico. O forse è solo che vedere Drew Barrymore da piccola ti fa sentire vecchia. Oppure – semplicemente – tu sei uno spettatore che sogna Steven che sogna Elliott che sogna E.T. e ti dispiace che dopo 185 minuti Steven – svegliandosi – abbia svegliato anche te.