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Full Metal Jacket (1987)

Full Metal Jacket

Non c’è nulla di più travolgente dell’Amore. Tranne i proiettili Full Metal Jacket.

Topolin, Topolin, Viva Topolin!” Cantavano i soldati in Vietnam! Tutti felici di rispondere alla chiamata dello Zio Sam.

E ditemi, voi chi siete?!” “Signore, siamo Marines, Signore

E qual è il vostro scopo?!” “Uccidere, uccidere, uccidere!

E perché combattete?!” “Ah… ehm…” “Cioè, la sapevo, eh” “Eh, boh, spari, ammazzi, ti pagano e ti passano pure le sigarette, che ce frega dei fottuti musi gialli?” “Boh… sì, ecco, per servire la Nazione, perseguire la Pace, quelle robe lì…

Si potrebbe riassumere così Full Metal Jacket. Quanto ha avuto senso la guerra del Vietnam? Quanto ha senso qualsiasi guerra? Stanley Kubrick ha voluto dare la sua personale risposta nel 1987, raccontando la vita militare dei Marines nel periodo della Guerra in Vietnam, dall’addestramento fino alla spietata realtà degli scontri con i vietnamiti. Con una crudeltà fisica ed esistenziale portata all’estremo. Quando nel cinema il realismo più ricercato si fonde con un film di guerra tutti i simbolismi, le retoriche, il patriottismo e i baci alla bandiera improvvisamente non esistono più, e solo una domanda ha veramente senso: ma perché tutto questo?

Quello che si domanda di continuo il soldato Joker (Matthew Modine), il Marine giornalista con il simbolo della pace appuntato sulla giacca e la scritta BORN TO KILL sul casco. Il punto di vista della storia è il suo, un soldato sensibile e ribelle, che combatte e osserva chi, cosa e perché lo combatte. E la risposta a questa domanda diventa quasi un’ossessione. Un soldato davvero anomalo. D’altronde, se sei un Marine e ti insegnano che il tuo solo scopo è UCCIDERE, UCCIDERE, UCCIDERE, perché dovresti domandarti altro?

Anche se non avete ancora visto il film, di sicuro vi sarà capitato di imbattervi nella famosa scena di apertura con il Sergente Hartman e i Marines all’inizio del loro addestramento. Tanto per non farsi mancare nulla, Kubrick fece impersonificare il suo sergente a Ronald Lee Ermey, un vero addestratore militare, che ci delizia con una tirata iniziale degna del miglior stand-up comedian americano. Uno spasso per il pubblico, un terrore per i soldati. Il senso di narrare guerra per Kubrick è proprio questo. all’inizio quasi ci ridi, ma passo dopo passo vedi il Soldato Palla di Lardo (un incredibile Vincent D’Onofrio), le umiliazioni da caserma, la pazzia, lo strazio dell’addestramento; e poi la guerra, il Vietnam, prostitute minorenni, soldati americani che sparano ai contadini per noia, soldati che non sanno chi e cosa stanno combattendo, e il fottuto cecchino. Una lenta discesa in un inferno fatto di insensatezza e di crudeltà umana.

Eh, sì, è una presa a male. Bella pesante. Kubrick non ha mai amato le mezze misure, ma il suo messaggio arriva, come sempre, forte e chiaro. Dopo la visione di Full Metal Jacket potrete sempre risollevarvi un po’ l’animo con la sua versione in abruzzese. ‘Na curtellat ’n pett v’ariv.

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Robert De Lirio

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