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Saranno cult?

Parasite (2019)

Parasite

Documentario orientale su come togliersi le verruche? Neanche un po’.

Mi dicono andiamo al cinema. Mi dicono è un film Coreano. Mi dicono si chiama Parasite. Il mio cervello elabora in un millisecondo la risposta più ovvia: Classico horror orientale su qualche fungo demoniaco che si impossessa delle persone tipo quello delle formiche (andate a cercarvelo su internet già che ci siete). Bene, non sapete quanto sono andato fuori strada!

Dimenticate l’horror.

Parasite non è un horror. Voglio essere chiaro e non fuorviarvi. Inizialmente pensi a una commedia leggera dove dei poveri (ma i poveri quelli veri) raggirano una famiglia di ricchi ingenui (i ricchi quelli veri) sostituendosi ai lavoratori che gravitano attorno alla famiglia. Pian piano la situazione si fa indiscutibilmente grottesca, dallo sfondo infernale, senza caproni e fiamme (per quello vedete The Witch), ma con i dannati – quelli sì – non mancano di certo.

Dimenticate i funghi, i demoni no.

Non serve l’espediente della possessione demoniaca, bensì quello della disuguaglianza sociale ed economica estrema che diventa l’escamotage perfetto, il terreno fertile per il risultato finale: un film senza buoni, tutti miserabili, e non parlo della condizione economica. Lotta di classe, lotta tra poveri, ognuno disposto a qualsiasi nefandezza per difendere il proprio status che mi ha fatto subito pensare a Samuel L. Jackson in Django Unchained nella parte del capo degli schiavi di Candyland.

Dimenticate la politica.

Odiate i ricchi, odiate i poveri, siete pronti alla rivoluzione bolscevica, vedete la gente morta? Non è importante: che siate ricchi, poveri o semplicemente non ve ne frega assolutamente niente, Parasite piace al di là dell’orientamento politico, perché non è solo un film di mera denuncia sociale ma anche un’accurata descrizione di chi siamo e dell’abisso dai quali i mostri che abbiamo sepolto riemergono (l’abisso è una cantina in questo caso, vedere per credere).

Parasite ha la capacità di essere comico e tragico allo stesso tempo senza mai scadere nella solita minestra retorica riscaldata male, ma molto male, che troppo spesso ci propinano e questo, per quanto mi riguarda, basta e avanza per farlo diventare un cult.

Punti cult.

  • Tematiche sociali trattate senza retorica
  • Il figlio si chiama come una nota società di streaming
  • Commedia e dramma mescolati con maestria
  • Coraggioso (raro di questi tempi)
  • Scale, scale ovunque, belle scale

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Il Kulturista

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