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28 giorni dopo (2002)

28 giorni dopo

Ti svegli una mattina e le cose sono leggermente cambiate.

E niente, ti svegli 28 giorni dopo e il mondo è andato a puttane.

Che è successo? Ma niente, la solita apocalisse zombie.

Dove? A Londra, niente di cui preoccuparsi.

Com’è successo? Le solite scimmie infette, un classico.

Soliti zombie quindi, niente di più? Beh in effetti non sono proprio i soliti zombie. Questi sono veloci.

Ed è esattamente da qui che voglio partire, dagli zombie veloci. Prima di 28 giorni dopo non avevo mai avuto molta paura dei morti viventi, vista la solita lentezza che li contraddistingue mentre si trascinano stancamente tra i ruderi delle città. Stavolta siamo di fronte a mostri centometristi famelici, sputa-sangue e mangia-persone. Degli Usain Bolt zombie esagitati che si arrampicano, saltano, non sbattono contro gli ostacoli, spuntano dal nulla per trucidarti senza lasciarti scampo.

E che splendidi versi che fanno! I mostri sbadiglianti dei film di  George A. Romero o dei primi Resident Evil (mi riferisco al videogioco) non li dimenticherò facilmente, ma questi sono molto peggio. Sembrano rabbiosi e animaleschi.

Dopo il mio coming out sull’essere zombiesessuale vi racconto un minimo la storia. No, voglio continuare sugli zombie, scusatemi. Mettono l’angoscia, e che cazzo, state calmi!”, mi verrebbe da dirgli. Ciò non toglie che siano fichissimi.

Ok la storia. Siamo a Londra, vi ho già parlato dei mostri vero? Va bene la smetto. Solito gruppo di sopravvissuti si fa largo per sopravvivere e si mettono in scena i classici topoi dei film zombie: la perdita dell’umanità e il costante bisogno di mantenere tratti civili, la solitudine, la sopravvivenza, la cura, i militari e naturalmente i legami umani. Tutto questo in una rivoluzione apocalittica che diviene l’elemento stimolante per farci riflettere sulle cose, per esaltare i tratti dell’uomo e per riconsiderare chi sia il vero mostro.

Il tutto è fatto con grande maestria da Danny Boyle che confeziona un film davvero avvincente. Angosciante al punto giusto, drammatico, ma anche dolce e profondo, 28 giorni dopo è uno di quei film dal quale si impara a farne di nuovi, la madre superiora, tanto per citare un altro film di Danny Boyle (Trainspotting). Le sequenze di una Londra deserta con Cillian Murphy, che sconsolato si aggira solitario, hanno fatto storia, consegnandoci un cult del cinema horror fantascientifico che non si scorda facilmente.

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